Noi oggi sappiamo che la promessa di una società basata sull’accesso è ancora molto lontana dall’essere mantenuta. Che la lotteria sociale, il basso reddito, la mancanza di istruzione, il luogo di nascita, la classe di appartenenza, continuano a tenere la maggior parte della popolazione mondiale lontana dai benefici prodotti dall’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione, dagli effetti e dalle conseguenze positive che da esse sono determinati.
Sappiamo anche che gli interessi di potere e di mercato mantengono il loro ruolo determinante anche nel nuovo contesto, nonostante non siano mancati, soprattutto nella fase cosiddetta pioneristica, nuovi protagonisti, volti e nomi prima sconosciuti che sono riusciti a conquistare un ruolo significativo grazie alla minore consistenza delle barriere all’entrata.
Sappiamo soprattutto che anche nella parte ricca di mondo, laddove le possibilità di accesso sono più ampie, continuiamo comunque ad essere ancora lontani da quella che Habermas definisce una comunicazione libera dal dominio e che la stessa idea, tanto cara a John e Nana Naisbitt, che lo sviluppo delle nuove tecnologie determini di per sé un miglioramento della qualità della vita e un incremento di tempo liberato che può essere dedicato ad altre attività è ancora tutta da dimostrare e, in ogni caso, da conquistare.
Permane un'ambivalenza di fondo.
Se è vero, infatti, che la tecnologia, a partire da quella di consumo, aiuta a risparmiare tempo, fatica e, in molti casi, denaro, è altrettanto vero che la battaglia perché tutto questo si traduca effettivamente in un aumento del tempo liberato e in un miglioramento della qualità della vita è tutt’altro che vinta.
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