Associato al lavoro c’è sempre più il concetto di precarietà.
I risultati di un rapporto dell’International Labour Organization (ILO, 2004) dicono che gli ultimi 20 anni hanno visto lievitare in maniera significativa la durata e la profondità delle crisi economiche, l’instabilità del lavoro, l’insicurezza dei lavoratori, la frustrazione associata alla perdita di STATUS.
Detto che il rapporto è stato redatto sulla base dei principali indicatori tratti dalle politiche nazionali di 90 paesi, di un’inchiesta che ha coinvolto 48 mila lavoratori di 15 paesi e di una ricerca che ha coinvolto oltre 10 mila imprese di 11 paesi, possiamo aggiungere che l’ipotesi di fondo che i ricercatori dell’ILO hanno inteso verificare è quella secondo la quale il lavoro non può essere valutato soltanto sulla base del tasso di occupazione, del livello di reddito, della flessibilità.
Gli indicatori qualitativi come per l’appunto la stabilità e la sicurezza dell’impiego, i diritti e le tutele normative, scrivono gli autori, sono indispensabili per definire in maniera più compiuta il livello di benessere dei lavoratori dato che esso non dipende solo dalla possibilità di poter disporre di un reddito dignitoso ma anche, soprattutto, dal livello di sicurezza e di protezione associato al reddito.
Nel rapporto vengono individuati sette indicatori che determinano l’indice di sicurezza economica (Economic Security Index ESI) e precisamente l’occupabilità, il lavoro regolare e non soggetto a licenziamenti arbitrari, la salvaguardia della salute e la tutela in campo infortunistico, la crescita professionale, l’acquisizione di nuove competenze e conoscenze, la protezione del potere d’acquisto dei salari, la presenza di soggetti forti di rappresentanza.
I 90 paesi analizzati sono stati invece suddivisi in quattro classi:
quelli d’avanguardia, perché caratterizzati da buone politiche, buone istituzioni e buoni risultati;
quelli pragmatici, perché presentano buoni risultati nonostante politiche e istituzioni non particolarmente attive;
quelli convenzionali, nei quali a buone politiche e istituzioni non corrispondono buoni risultati;
quelli dove c’è molto da fare, perché a scarsi risultati si associano politiche e istituzioni deboli.
I risultati?
I «quasi poveri» sono decisamente in aumento, così come la precarietà del lavoro e il livello di stress dei lavoratori.
Il tasso di scolarità e formazione si traduce in una diminuzione del tasso di benessere, fino a provocare quella che la ricerca ILO definisce «effetto di frustrazione legata allo STATUS», in tutti i casi nei quali le persone svolgono mansioni inferiori al livello delle loro capacità e qualifiche.
Detto in altri termini, è molto diffusa l’insoddisfazione conseguente all’asimmetria esistente tra il lavoro che concretamente si fa e i bisogni e le aspirazioni, in particolare tra i lavoratori maggiormente scolarizzati.
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