giovedì 13 settembre 2007

Effetti collaterali atto secondo

Neanche internet - che dei nuovi media è indubbiamente il simbolo, l’emblema, il luogo non solo simbolico dove reale e virtuale si incontrano - sfugge insomma alla regola che vuole che tutte le cose di questo pazzo, talvolta insopportabile, talaltra meraviglioso, mondo, presentano, nelle istruzioni per l’uso, un consistente numero di controindicazioni.

Geoffrey Numberg, in un articolo apparso su “The New York Times” il 23 febbraio 2005 ha ricordato ad esempio che “da uno studio del 2002, diretto da B. J. Fogg, psicologo dell’Università di Stanford, emerge che il popolo del web tende ad associare la credibilità di un sito internet al suo aspetto, piuttosto che agli autori e alle ragioni per le quali è nato”.

Con toni decisamente apocalittici, Theodore Schick, capo del dipartimento di filosofia del Muhlenberg College, Pennsylvania, USA, si spinge addirittura ad adombrare la possibilità di un futuro minacciato da un uso improprio delle nuove tecnologie digitali, che egli teme possano avere gli effetti malefici degli anelli resi celebri da Tolkien: “Anche Frodo è attratto dall’anello, è Sam a ricondurlo sulla retta via. Dovremmo gettare nel fuoco queste conoscenze tecnologiche, proprio come il Consiglio di Elrond ha votato di distruggere l’anello”.

Con un approccio sicuramente più razionale è Sunstein ad insistere su quella che a nostro avviso è la questione davvero rilevante, e cioè la possibilità che la diffusione delle tecnologie digitali possa avere, tra i propri non trascurabili effetti collaterali, quello di favorire l’insorgere di forme di estremismo, disprezzo per gli altri e per le loro opinioni, a tratti anche violenza, in quanto favorisce ed eleva a simbolo il confronto (attraverso ad esempio le chat o le comunità virtuali dedicate) fra soggetti che la pensano allo stesso modo.

La questione posta da Sunstein è almeno da due punti di vista assolutamente rilevante.
Da un lato perché mette in discussione uno dei capisaldi teorici oltre che pratici della Rete, quello che si riferisce, per l’appunto, alla valorizzazione e allo sviluppo di aree di discussione e di approfondimento intorno a punti di vista, argomenti, interessi, specifici e condivisi.
Dall’altro, perché i presupposti sui quali si basa trovano riscontro in più ambiti e contesti sociali.

Effetti collaterali

E se lo lo sviluppo delle NTI spingesse fino al limite della rottura tanto i processi di inclusione quanto quelli di esclusione? E se, così come accade per (quasi) tutte le cose di questo mondo, anche le innovazioni tecnologiche, nonostante rivestano una rilevanza decisiva nei processi che assicurano la crescita delle nostre società, avessero degli spiacevoli effetti collaterali?

L'idea, semplice ma forse non banale è che anche nel fantasmagorico mondo delle NTI ci siano luci e ombre.

Da un lato, potendo comunicare in tempi rapidi, accedere a risorse formative e informative a distanza, lavorare con più testa e meno braccia, il “catalogo” delle opportunità di partecipazione e di libera espressione che ciascuno di noi ha a disposizione diventa considerevolmente più ampio; come abbiamo visto anche nel capitolo precedente, abbiamo più risorse strategiche per fare scelte secondo autonomi criteri di giudizio, siamo più competitivi nello studio e nel lavoro, siamo più partecipativi.
Dall’altro lato e conseguentemente, chi non per propria colpa si ritrova fuori, impossibilitato a usare in maniera partecipata e autonoma i nuovi media, vede aumentare la distanza che lo separa da chi è integrato, si ritrova a fare i conti con uno svantaggio ulteriore.

Forse anche al tempo di internet la vera asimmetria da superare non è tanto quella, peraltro più supposta e sponsorizzata che reale, esistente tra coloro che utilizzano la rete, ma quella che si riferisce alle relazioni di potere operanti nella società reale, alle diseguaglianze da esse generate, ai meccanismi di accesso che di fatto ancora oggi impediscono ad una fetta molto significativa di persone di utilizzare la rete, e di farlo in maniera consapevole.

mercoledì 12 settembre 2007

Vite frullate

Dora Sondralto, 41 anni e non poche difficoltà a tenere assieme il lavoro, il ruolo di madre e moglie, l’amore per la musica, i libri, i viaggi, la libertà, ha spiegato, nel corso di un seminario, le ragioni per le quali dal suo punto di vista le tecnologie sono prima di tutto uno strumento per frullare in maniera più scientifica ed efficace le nostre vite.

Esagerata? Forse.
Ma con la sua brillante metafora l’affascinante signora ha suggerito almeno tre elementi di riflessione alla comunità di sociologi, sindacalisti, formatori, che partecipavano all’iniziativa.

Il primo si riferisce al processo di progressiva frantumazione e disintegrazione delle nostre identità; il secondo all’idea che le tecnologie esasperano al massimo la sua potenza; il terzo al fatto che concetti come tecnologia amica, collaborativa, intelligente, non sono affatto già dati, neanche per persone adulte, ad alta scolarità, con incarichi di responsabilità, abituati ad avere a che fare tutti i giorni con mouse e tastiera.

martedì 11 settembre 2007

Tecnologie e libertà

La promessa di libertà che sembrava accompagnare l’avvento delle tecnologie digitali è rimasta ad oggi sostanzialmente disattesa. Rimane lì. Come sospesa. In bilico. Non cade. Ma neanche riesce a prendere il volo.

Come rendere almeno un po’ meno irraggiungibile l’ideale di libertà connesso alla diffusione delle nuove tecnologie? Come recuperare pensiero strategico?

Forse, tre difficili ma non impossibili cose da fare potrebbero essere:

dotare le persone di ogni età e di ogni ceto sociale delle conoscenze necessarie per cogliere appieno le opportunità connesse all'uso delle NTI;

offrire ragioni e motivazioni, promuovere opportunità, in primo luogo per i più giovani, che spingano a fare, partecipare, imparare per tutta la vita.

ampliare e sostenere una strategia di accesso universale alla rete in maniera partecipata, cioè realizzare sinergie e costruire reti di aprendimento e di socializzazione fra associazioni, enti, organismi operanti nella produzione e nella diffusione di software open source, agenzie formative, scuola, volontariato, università, cooperazione, ecc.

come

Zona di confine

Jean Baudrillard, parlando di Matrix, il film nel quale molti commentatori hanno voluto vedere una trasposizione del suo pensiero, ha sottolineato come in realtà, proponendo una struttura del racconto nel quale i personaggi o sono nella Matrice, cioè nella digitalizzazione delle cose, o sono radicalmente al di fuori, cioè a Zion, la città di coloro che resistono, i fratelli Wachowski abbiano rinunciato a mostrare ciò che accade nel punto di giuntura dei due mondi, per l’appunto ai confini, e come in questo modo abbiano finito col trascurare proprio l’aspetto più importante e interessante della questione.
L’idea della zona di confine segnala possibilità che non sempre riusciamo ad afferrare. Evoca e opportunità, contesti, prospettive non definibili in una logica bianco o nero, buono o cattivo, giusto o sbagliato.

Francois Jullien (Pensare l’efficacia – Laterza 2006) ricorda l'Ulisse dalle mille risorse, l'Ulisse abile, “astuto”, ingegnoso, polytropos" che rappresenta l’archetipo dell’uomo che utilizza una razionalità diversa e una diversa abilità: "la metis […] “il fiuto”, così come si parla di fiuto negli affari. […] La metis è […] la capacità di trarre vantaggio dalle circostanze, di vedere come la situazione evolve e sfruttare in essa l’orientamento favorevole […] dare prova di metis significa scoprire i fattori “portanti” in seno alla situazione per lasciarsi trasportare da essi".
Surfare piuttosto che Modellare, suggerisce ancora Jullien. E se fosse questa una prospettiva